• Chezal, Pragelato (TO) - 44.98795, 6.90924

 

La Casa Contadina

Le case della borgata, costruite in zona solatia, sono accostate le une alle altre per non togliere spazio ai pochi terreni agricoli disponibili. Il materiale di costruzione delle vecchie case è naturalmente materiale locale, per la gran parte costituito di pietre e legno di larice. Fino al ‘700 il legno dei boschi era ancora abbondante, nel ’800, a causa dei forti prelievi diminuì in modo sensibile. Nelle costruzioni venne quindi, per necessità, privilegiato l’utilizzo della pietra.

La casa aveva la funzione di dare risposte a tutte le necessità di una famiglia. Così doveva accogliere le persone, gli animali, le attrezzature per il lavoro, le riserve alimentari per passare l’inverno: granaglie e fieno. Le case erano e sono generalmente a tre piani ed essendo la borgata di costa, nella parte anteriore della casa l’ingresso è al piano terra, nella parte posteriore l’ingresso è al primo o al secondo piano. Ci sono anche diverse tipologie di casa. Il colmo del tetto può essere o parallelo alla massima pendenza (Foto 5) o perpendicolare ad essa (Foto 6). Inoltre per salire ai piani superiore della casa o c’era una scala interna per cui si dice che la casa aveva una circolazione interna o per salire bisognava uscire all’esterno, per cui si dice che la casa aveva una circolazione esterna. In questo secondo caso la casa era, come è evidente, più disagevole. 

La casa contadina era generalmente così composta. Al piano terreno la stalla (Foto 7) non solo per il ricovero degli animali, ma anche luogo di ritrovo alla sera con stufa e tavolo sotto la finestra e letto per dormirci poi la cucina con il camino o il focolare. Talvolta c’era una cantina interrata o sotto la cucina oppure ricavata verso monte

Al piano primo la grangia (Foto 8a, Foto 8b, Foto 8c) con accesso dal retro dove si lavorava e si battevano le messi con il correggiato , si puliva la pula con il ventilabro e si conservavano i cereali. A fianco una o più stanze da letto. Nel resto della grangia e nel sottotetto il fienile. Sul davanti verso sud uno o più grandi balconi lungo tutta la facciata.

Nella casa dimoravano sia le persone che gli animali (un paio di mucche, qualche pecora, il maiale, il mulo o il cavallo, un cane, il gatto e delle galline); si tenevano anche gli strumenti di lavoro per la campagna e per il bosco: aratro, falci, rastrelli, correggiato, ventilabro, seghe ed accette; mezzi di trasporto: carretto, slitte da fieno e da terra e letame, basti e gerle; strumenti vari: banco da falegname, pialle, trapani e attrezzi manuali. Le donne lavoravano la lana e la canapa, usavano pettini per cardare, fusi e arcolai. Nella madia si conservavano granaglie e farine per superare i lunghi inverni

Con lo spopolamento delle campagne e con l’emigrazione, dopo la prima, ma specialmente dopo la seconda guerra mondiale, i paesi di montagna si svuotarono: Le case vennero progressivamente abbandonate, alcune pericolanti vennero abbattute, altre rimasero vuote o venivano utilizzate solo saltuariamente. Poi con il crescente interesse per la seconda casa in montagna vennero di nuovo apprezzate e acquistate. La nostra borgata è adesso completamente rivitalizzata. Le case sono state ristrutturate con criteri moderni, lasciando però l’aspetto esterno tipico delle vecchie case contadine.

LA CASA CONTADINA

Elementi costruttivi tipici

(Foto 9) Tetto in lose o in scandole. Nella foto il tetto in scandole è sopra e quello in lose è sotto. Le scandole antiche, in larice, erano assi di spessore 3 cm, di lunghezza sui 2 metri e di larghezza sui 15- 20 cm tutte le misure. Sulle parti laterali per tutta la lunghezza erano ricavavate 2 scanalature che servivano a convogliare l’acqua. Le scandole erano sovrapposte sfalsate sia in lunghezza che in larghezza al fine di evitare all’acqua di entrare (Foto 9a). La durata del tetto in scandole era solo di qualche decina di anni, ma queste avevano il vantaggio di essere più leggere delle lose. Anche le lose erano reperite in loco. La loro qualità non era delle migliori, infatti avevano dimensioni irregolari e la resistenza era non particolarmente elevata, ma la perizia dei carpentieri compensava la scarsa qualità del materiale (Foto 9b). L’ultima casa contadina rifatta al Chezal e ricoperta con lose risale agli anni ‘30. Le lose provenivano da una cava del Valloncros. Un garzone con un mulo saliva alla cava sul sentiero di Rocca Tagliata e tornava con tre lose: due sul basto del mulo e una, più piccola, sulla sua schiena

(Foto 10) Pavimento al piano terra in zocchetti rotondi di larice interrati. Questi zocchetti erano ricavati dalla punte dei larici con diametro 8-12 centimetri e lunghezza una quindicina di centimetri. Questi zocchetti erano collocati al piano terra, principalmente nell’area di ingresso, erano appoggiati al terreno e con terra si chiudevano gli interstizi tra i vari tondi accostati

(Foto 11) Colonnina in pietra che sorregge le volte in pietra della stalla: rifacimenti di fine ‘800 primi ‘900, Sul capitello è incisa la data di costruzione. La volta in pietra non andava a gravare sulla muratura esterna, ma appoggiava esclusivamente sulla colonna centrale e su pilastri collocati negli angoli e a fianco dei muri perimetrali della stalla. Precedentemente le stalle avevano una struttura del soffitto costituita da travi in larice, supportate al centro da una trave perpendicolare a sua volta sorretta da una o più colonne in legno. Il rifacimento in pietra in sostituzione del legno usato in precedenza è da imputarsi alla minor disponibilità di legname in quell’epoca.

(Foto 12a - Foto 12b) Soletta tra i piani costituita da pietre sorrette da travetti trapezoidali in larice (vista da sotto e da sopra). Questo caratteristico sistema di costruire i solai era dovuto al fatto che il materiale usato era tutto reperibile in loco. I travetti portanti erano di forma trapezoidale in quanto consentivano nell’estradosso di appoggiare delle pietre principalmente di taglio che accostate le une alle altre costituivano, unitamente alla parte alta del travetto, il piano di calpestio. Gli interstizi tra le pietre e tra le pietre e i travetti erano riempiti di terra. Come è facile immaginare il piano di calpestio era sconnesso e il camminarvi disagevole. All’infra dosso, sul soffitto, per evitare che la terra cadesse sotto, ma anche per dare un tocco di eleganza, veniva steso uno strato di intonaco di calce che era ancorato al soffitto con una ragnatela di fil di ferro ancorata a dei chiodi infissi nei travetti.

Borgata Chezal Pragelato

Foto 13

I muri portanti, larghi anche 80 – 100 centimetri, erano fatti in pietre. Queste erano sovrapposte e allineate sulle due facciate. Gli spazi interni del muro, erano riempiti con riporti di terra che consolidava un po’ la struttura e isolava parzialmente la parete. Quando le facciate delle pareti erano intonacate, l’intonaco era costituito da malta di calce, e la calce era di provenienza dalla calcara della valle Troncea.

(Foto 13) I divisori erano costituiti de tavolati in legno o da tramezzi in pietre alternate con pali in larice di rinforzo. I tavolati per i divisori interni o per i tamponamenti esterni del fienile erano sorretti da strutture in legno più resistenti e ad esse erano inchiodati con chiodi a sezione quadrangolare forgiati a mano.

 

(Foto 14a, Foto 14b) Questi chiodi venivano prodotti da un fabbro del Duc. Anche al Chezal c’era un fabbro, ma era specializzato in ferramenta per carri ed utensili. I chiodi forgiati erano di dimensione e di forma diverse. Dalla testa si possono distinguere i chiodi del ‘700 con testa allungata dai chiodi del ’800 con testa rotonda